Nel breve tempo concesso per svolgere la mia relazione tenterò di effettuare una analisi il più possibile sintetica delle maggiori criticità riscontrate, sul piano normativo ed operativo, nella ricostruzione delle zone terremotate quali quelle etnee che hanno visto il danneggiamento di circa 3000 immobili privati ed un’ottantina riferibili all’edilizia pubblica ed ecclesiastica ma fortunatamente nessuna vittima, provando a formulare ipotesi di soluzione che possano essere di utilità per la ormai non procrastinabile opera di innovazione legislativa finalizzata ad un drastico taglio dei tempi necessari per la ricostruzione .
Ritengo che nessuno possa disconoscere la necessità di procedere ad un riordino della normativa in materia che va senz’altro riportata ad unità essendo impensabile che possa mantenersi lo stato di confusione attuale che vede norme tra loro diverse, talora molto diverse, per fenomeni con caratteristiche ed esigenze tra loro similari e che differiscono, semmai , per la mera entità dei danni verificatisi: l’esperienza acquisita e l’affinamento dello studio delle problematiche connesse ai danni conseguenti al sisma rendono, a mio parere, l’elaborazione di una normativa unitaria un problema più di volontà politica che di tecnica legislativa.
La frammentarietà della legislazione crea non solo difficoltà nella redazione delle ordinanze, ma impedisce la creazione di una prassi e di una giurisprudenza consolidata che sia da guida per gli operatori, renda meno frequente la c.d. “fuga dalla firma” finalizzata ad evitare rilievi contabili, l’instaurarsi di un compendio di best practices che consentirebbe la circolarità di iniziative, esperienze utili per tutti, specie per quelle strutture dotate di organici e risorse ridotte; si eviterebbe ancora una discrasia normativa, ai limiti della incostituzionalità, che vede norme diverse per fattispecie identiche a seconda dei territori de degli eventi ai quali si riferiscono e si tratta di casi non infrequenti; basti pensare alle diverse normative elaborate per la concessione di contributi per la ricostruzione per immobili con lievi difformità edilizie , una patologia della quale non si può non tenere conto , previa sanatoria con procedure semplificate inopinatamente adottate solo per alcuni eventi e questo è certamente a forte rischio di incostituzionalità.
V’è da dire che una normativa unica e sempre ed uniformemente applicabile, seppur prevedendo variabili in base all’entità dei danni, renderebbe non necessario ricorrere al decreto legge, che va poi convertito in legge con quanto ne consegue in relazione ai tempi per la nomina del Commissario e per l’avvio della sua Struttura: occorrerebbe solo adottare i susseguenti atti amministrativi risparmiando mesi preziosi
Chi vi parla ha preso possesso dell’Ufficio a quasi un anno dall’evento sismico e si è trovato privo sinanco di una sede nella quale operare che è stata poi individuata e resa operativa a distanza di mesi grazie alla disponibilità del sindaco di Acireale; altro tempo necessario per reperire il personale da destinare in comando alla Struttura superando rifiuti e difficoltà frapposti dagli Uffici di appartenenza ed in piena emergenza sanitaria : la normativa non può non prevedere la soluzione di tali problematiche di carattere operativo impartendo disposizioni cogenti, non può attendersi il decreto legge, la conversione, il visto della Corte dei Conti etc. per por mano alla ricostruzione.
Secondo punto di non minore importanza è il rapporto tra Commissario e Presidenza del Consiglio: è necessario, più che opportuno , che venga ripristinata la figura di un Sottosegretario che sia cerniera tra Commissario e Presidenza del Consiglio, un tempo individuato nel sottosegretario alla Protezione Civile e che, sul piano politico , possa valutare e rappresentare le esigenze del territorio in Consiglio dei Ministri: Nonostante la buona volontà, la disponibilità, l’efficienza degli Uffici ai quali oggi il Commissario si rivolge e delle quali non può non darsi ampio riconoscimento, parlo della Protezione Civile Nazionale e di Casa Italia, è pur vero che si tratta di Uffici Amministrativi che nessuna responsabilità decisionale possiedono e che possono solo filtrare e fare proprie segnalazioni e proposte che provengono dagli Uffici Commissariali e che non sempre trovano voce adeguata a livello politico-amministrativo: le relazioni, le richieste, le proposte degli Uffici Commissariali rimangono pertanto in larghissima misura prive di riscontro.
Da quanto sopra discendono conseguenze di notevole gravità, specie quando la Presidenza del Consiglio e la Protezione Civile sono gravate , così come avvenuto a seguito dell’attuale emergenza sanitaria, da altri e più impellenti compiti che impediscono che venga prestata adeguata attenzione ad emergenze più datate: a titolo di mero esempio faccio riferimento alla proroga delle gestioni commissariali e dello stato di emergenza che non possono essere adottati, come oggi avviene, a ridosso della loro scadenza impedendo così ogni seria programmazione e certezza nei rapporti con la popolazione e con lo stesso personale, di regola comandato o assunto a tempo determinato, che della ricostruzione si occupa: un Sottosegretario con competenza in materia certamente, come per il passato, darebbe voce alle nostre esigenze.
Ed ancora, al terzo punto, è da sottolinearsi come occorra rivedere l’aspetto relativo al personale che ha da occuparsi della ricostruzione essendo impensabile che l’Ufficio Commissariale rimanga per lungo tempo un guscio vuoto privo della possibilità di operare in tempi brevi.
Allo stato la ricostruzione è effettuata, almeno per quel che riguarda il sisma etneo, da personale della Struttura Commissariale comandato da altre amministrazioni: il sistema può anche andar bene a condizione che siano ben chiarite le procedure e specie la cogenza della richiesta di comando ad evitare che, così come oggi avviene, si abbia da parte delle amministrazioni “cedenti” un sostanziale diniego al comando od all’applicazione che passa anche dal timore, per il personale comandato specie se di qualifica dirigenziale, di perdere posizioni acquisite all’interno dell’amministrazione di provenienza all’atto della cessazione del provvedimento. Potrebbe ad esempio ipotizzarsi che nell’ambito della protezione civile nazionale sia istituita una aliquota di personale, specie dirigenziale, adeguatamente formato, che sia di supporto all’attività del Commissario e che venga destinato immediatamente e, oserei dire, automaticamente e che al contempo venga esclusa con chiarezza, riconosciuto il preminente interesse della ricostruzione, la possibilità per l’amministrazione cedente di opporre un diniego al comando quantomeno per il personale non dirigenziale prevedendo altresì che il distacco cessi solo previo consenso del Commissario ed indipendentemente dalla durata del provvedimento.
La ricostruzione, poi, passa necessariamente per i Comuni, quantomeno per quel che attiene all’aspetto, spesso preminente, edilizio-urbanistico: notoriamente i Comuni si trovano, per quel che attiene al personale ed alle dotazioni tecniche, in uno stato comatoso: nella nostra esperienza i Comuni più piccoli vedono gli uffici tecnici del tutto privi di personale se non “a scavalco” e si è dovuto ricorrere a donazioni da parte dei privati per la fornitura di una parvenza di strumenti informatici.
Occorre prevedere che le attrezzature necessarie siano fornite dalla Protezione Civile o, in estremo subordine, dalle Regioni che vanno però finanziate.
Per quel che attiene al personale l’attuale sistema, basato su assunzioni a tempo determinato e previo concorso, ha visto, complice il covid, la immissione in servizio del personale da parte degli Enti territoriali solo ad oltre due anni dal sisma e la soluzione di prevedere nelle more dell’espletamento dei concorsi la sottoscrizione di contratti c.d. cococo non si è dimostrata efficace
Il sistema adottato, peraltro non può non rivelarsi fallimentare per due ordini di motivi:
Al fine di accelerare le procedure si è previsto in alcuni Comuni un concorso per titoli: tutti sappiamo che ciò non garantisce l’assunzione dei migliori: l’acquisizione di titoli spesso roboanti presso “diplomifici” che non garantiscono adeguata preparazione è cosa nota a tutti.
L’assunzione a tempo determinato, poi, crea un vero e proprio corto circuito in quanto il rapporto di lavoro permane solo sino alla conclusione delle attività connesse al sisma con la conseguenza che potrebbe in taluni casi venire disincentivata la rapidità nell’esame delle pratiche secondo il brocardo, noto nel mondo dell’avvocatura, “dum pendet rendet”; non è previsto alcun incentivo che, all’esito della ricostruzione, dia sbocco effettivo alle professionalità acquisite.
Soluzione: concorso nazionale per l’inserimento in graduatorie alle quali immediatamente attingere al verificarsi dell’evento calamitoso, acquisizione di punteggio significativo per l’assunzione definitiva nella pubblica amministrazione specie nei settori, nazionali e locali, dell’emergenza; possibilità di converso di licenziamento o cancellazione dalla graduatoria in caso di inefficienza manifesta.
Infine, occorre che tutti i Commissari vengano effettivamente dotati di poteri straordinari, che tutti possano agire a mezzo di ordinanze in deroga, che si possano superare i mille lacci e lacciuoli che si incontrano sulla via della ricostruzione.
Sono piccole cose ma sono proprio queste quelle che consentono efficienza e risparmio: una strada non facile ma che occorre intraprendere ed immediatamente.
Commissario Straordinario per la Ricostruzione dell’Area Etnea
Dott. Salvatore Scalia
Allegati